Ottimi istituti tecnici, scuole non statali deludenti, la provincia meglio della città: dai risultati universitari di 32.000 studenti una valutazione della ’qualità’ del sistema di istruzione secondario superiore della Regione.
Il primo obiettivo della ricerca della Fondazione Agnelli – presentata oggi grazie a una collaborazione con il quotidiano La Stampa e scaricabile anche dal nostro sito – è fornire informazioni sistematiche e attendibili sulla capacità delle scuole secondarie superiori piemontesi di preparare i propri allievi agli studi universitari. Il secondo obiettivo è definire un possibile tassello per un sistema di valutazione delle scuole autonome, utilizzando appunto il giudizio indirettamente offerto da un soggetto esterno, autorevole e interessato, come l’università. L’idea di fondo è di ricostruire le carriere universitarie degli studenti (esami, voti, crediti) per trarre indicazioni sulla qualità delle “basi” acquisite presso le scuole superiori d’origine.
L’esercizio fornisce risultati utili: (a) per i responsabili della politica scolastica (a livello nazionale e regionale), i quali devono valutare la qualità del servizio reso dalle scuole autonome; (b) per le scuole stesse, le quali possono ricalibrare la propria offerta formativa anche alla luce dei risultati conseguiti dai propri studenti; (c) per gli studenti e le famiglie, che possono avvalersi di un ulteriore strumento di orientamento per la scelta della scuola dopo la media inferiore.
La ricerca ha considerato le performance al primo anno di università di 32.000 diplomati piemontesi che nel 2005-6, 2006-7, 2007-8 si sono iscritti ai corsi dei tre atenei piemontesi (Università e Politecnico di Torino, Università del Piemonte Orientale). L’analisi statistica di questi dati ha permesso di valutare la capacità di formare agli studi universitari di 211 istituti secondari superiori della regione: un numero superiore all’anno scorso, grazie al perfezionamento della metodologia, nonostante quest’anno si sia scelto di escludere gli istituti professionali dalla graduatoria. Questi ultimi, infatti, hanno nell’immediato inserimento dei giovani nel mercato del lavoro la loro principale vocazione formativa, per valutare la quale si rendono necessarie analisi specifiche e diverse non solo da quelle dei licei, ma anche degli istituti tecnici, i cui diplomati per quasi il 50% oggi si iscrivono all’università.
Ed ecco i principali risultati di carattere generale: (1) si conferma la buona qualità della formazione fornita dagli istituti tecnici, in particolare in termini di ‘effetto scuola’, il valore aggiunto dato dallo specifico lavoro formativo dell’istituto; (2) si conferma un effetto provincia: gli studenti dei piccoli centri hanno in media performance universitarie migliori, forse a seguito del maggior controllo sociale presente nelle piccole realtà rispetto ai grandi centri urbani, o semplicemente per il fatto che l’investimento in istruzione universitaria è più gravoso per chi vive “fuori sede” e dunque solo i più motivati continuano; infine (3) si conferma la performance deludente della maggior parte delle scuole non statali rispetto a quelle statali.