Una ricerca della Fondazione Agnelli e del DSPM dell’Università di Torino sugli studenti della scuola media
Il ritardo scolastico è spesso il primo campanello d’allarme del “rischio abbandono”, una delle maggiori criticità della scuola italiana. Durante il periodo dell’obbligo i ritardi scolastici arrivano al 25% nei primi due anni di scuola secondaria superiore. E’, però, nella scuola media che cominciano a manifestarsi significativamente, giungendo fino al 10%, dopo essere rimasti molto contenuti alle elementari. Ma quali sono i fattori socio-demografici e familiari che accrescono per gli adolescenti della secondaria di I grado la probabilità di essere in ritardo negli studi?
Questo è la domanda da cui muove la ricerca I ritardi scolastici a 11 e 13 anni. Comportamenti, abitudini e contesto scolastico-familiare-territoriale degli studenti delle scuole secondarie inferiori con percorsi non regolari realizzata in collaborazione dalla Fondazione Giovanni Agnelli e dall’équipe del Dipartimento di Sanità Pubblica e Microbiologia (DSPM) dell’Università di Torino, guidata dal Prof. Franco Cavallo.
La ricerca impiega in modo inedito i dati dell’indagine internazionale HBSC (Health Behavior in School-aged Children), patrocinata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, svolta in 43 paesi e orientata a studiare fenomeni e comportamenti che possono avere effetti sulla salute dei ragazzi di 11, 13 e 15 anni che frequentano la scuola secondaria di primo e secondo grado. Lo studio andrà a fare parte del più ampio Rapporto sulla scuola in Italia della Fondazione Agnelli, che sarà presentato in autunno e sarà interamente dedicato alla scuola media. Una sintesi della ricerca – curata in particolare da Gianfranco De Simone (FGA) e da Paola Berchialla (DSPM) – è stata anticipata oggi da un dossier de La Stampa.
I risultati rivelano che in media lo studente con percorso di studi irregolare è maschio e ha un background socio-economico e culturale svantaggiato. Tuttavia, è soprattutto l’origine straniera a costituire un fattore di rischio per il ritardo scolastico. Uno studente di seconda generazione (figlio di stranieri nato in Italia) arriva alle scuole medie senza un condizione di ritardo statisticamente diversa da quella di un italiano. Ma entro la III media la sua probabilità di perdere uno o più anni per strada cresce fino a diventare di 3,5 volte superiore a quella di un suo compagno di classe italiano. Purtroppo ancora più accentuato è il divario tra italiani e studenti figli di stranieri arrivati in Italia in età scolare (la cosiddetta generazione 1,5): la probabilità di essere in ritardo in I media è di circa 18 volte superiore a quella di un italiano, 19 volte in III media! Ciò in parte si spiega in ragione dei problemi linguistici e di adattamento al nuovo contesto che ostacolano i giovani stranieri i quali hanno bisogno di più tempo per trovare il giusto ritmo scolastico. L’enorme differenziale di rischio è, però, anche frutto di una pratica didattico-organizzativa che non appare adeguata a prevenirlo e contenerlo: non solo i nuovi arrivati vengono spesso inseriti in classi non corrispondenti all’età anagrafica, e inferiori ad essa, cumulando così un ritardo scolastico, rispetto ai coetanei di uno, due o più anni, ma anche rare o inesistenti risultano essere le forme di sostegno specifico alle difficoltà che i ragazzi di origine straniera – anche quando bene integrati nella loro classe – possono incontrare nello studio. Con effetti particolarmente negativi sul diritto di tutti i ragazzi della scuola dell’obbligo a beneficiare di pari opportunità di apprendimento.