Un paper di Luisa Ribolzi individua nell’impostazione originaria le ragioni della crisi della secondaria di I grado
Il Rapporto sulla scuola in Italia 2011 della Fondazione Agnelli (Editori Laterza), interamente dedicato alla secondaria di I grado e alle difficoltà che ne fanno oggi l’anello debole del sistema scolatico italiano, si è avvalso – come sempre – dei contributi di ricerca dei migliori esperti italiani e internazionali.
Fra questi, il paper di Luisa Ribolzi, dell’Università di Genova, che propone una ricostruzione storica e sociologica in chiave critica di 50 anni di scuola media unica.
Secondo Ribolzi, l’introduzione della scuola media unica non è stata una riforma di politica scolastica, ma una riforma di politica sociale, finalizzata ad una maggiore equità: questa idea-forza ha funzionato come elemento di crescita e di propulsione finché il ritmo del cambiamento delle condizioni in cui è nata è stato lento, ma ha costituito un elemento di debolezza quando le circostanze si sono modificate in modo sostanziale, e con esse la domanda sociale nei confronti della scuola.
Negli anni successivi all’istituzione della scuola media unica nel 1962 – argomenta l’autrice – l’ideologizzazione ha fatto prevalere il mito dell’equità e alla crescita quantitativa, che segnava formalmente la generalizzazione delle possibilità di accesso, non ha fatto seguito né un’uguale crescita delle possibilità di riuscita né un innalzamento della qualità. Il modello della scuola media, che si è mantenuto in buona misura nella scuola secondaria di I grado, era un modello rigido, che faticava ad accettare i cambiamenti: così che nel momento in cui la domanda esterna cambia, spostandosi dall’equità alla qualità, non è in grado di reagire e si avvita su se stessa.