Un approfondimento della Fondazione Agnelli sull’evoluzione del personale docente e Ata negli ultimi anni
La scuola è il più grande comparto del pubblico impiego italiano. In quale misura ha contribuito in questi ultimi anni agli obblighi sempre più stringenti di rispettare i vincoli di bilancio e alla necessità di ridurre la spesa pubblica?
Dal 2007 al 2012 il personale della scuola statale (insegnanti e Ata) è diminuito del 10,9%, una percentuale quasi doppia della media del pubblico impiego, che nello stesso periodo ha visto nel suo insieme una contrazione del 5,6%. In particolare, mentre nel frattempo la popolazione studentesca è rimasta a livello nazionale sostanzialmente stabile, gli insegnanti sono passati da 843mila a 766mila (-9%), una riduzione che ha toccato in eguale misura tutti i gradi scolastici, con l’eccezione della scuola dell’infanzia, e ha riguardato in modo più vistoso i docenti con un contratto a tempo determinato (-25%), mentre quelli di ruolo sono scesi del 6%. Ci sono importanti differenze regionali, con province del Sud, dove la popolazione studentesca è in forte calo, che hanno registrato diminuzioni dei docenti di ruolo fino al 18%. Il fenomeno si è verificato soprattutto nel triennio 2008-11, come previsto effetto delle misure volute dai ministri Gelmini e Tremonti con la legge 133/2008.
Sono dati che provengono da un approfondimento della Fondazione Agnelli, a partire da elaborazioni su fonti della Ragioneria Generale dello Stato e del Miur.
«Sappiamo che verso la fine del secolo scorso il numero degli insegnanti in Italia era cresciuto anche quando la popolazione studentesca stava diminuendo – ricorda il direttore della Fondazione, Andrea Gavosto – e ciò in parte spiega perché il rapporto studenti/docenti era in Italia inferiore alla media europea e ancora resta tale, sebbene le distanze ora si siano ridotte. Un riallineamento alle tendenze della demografia studentesca era necessario. Tuttavia, alla luce dei dati, non c’è dubbio che in questi anni la scuola italiana abbia già dato molto e contribuito al risanamento della spesa pubblica in misura assai superiore degli altri comparti del pubblico impiego. Sarebbe giusto tenerne conto in un’ottica di spending review».