Un contributo di Andrea Goldstein indaga i fattori culturali, politici e istituzionali all’origine dei risultati di un sistema scolastico da tempo ai primi posti delle graduatorie di OCSE PISA
Tra i miti che circondano i successi asiatici in campo scolastico degli ultimi venti anni, quello della Corea del Sud e della dedizione di tutto un paese all’educazione è sicuramente vero. I risultati sembrano, infatti, dare ragione a chi ha disegnato un sistema scolastico tanto intenso, esigente e orientato alla competizione fra gli studenti. Secondo il test PISA dell’OCSE, in termini di competenze nelle scienze e nel calcolo la Corea è il primo paese per così dire “normale”, preceduto solo da realtà molto particolari come Shanghai, Singapore e Hong Kong.
Il contributo di Andrea Goldstein (economista all’OCSE ed esperto di paesi emergenti) per la Fondazione Agnelli ricostruisce genesi e caratteri specifici della scuola coreana crcando di interpretarne criticamente i risultati.
Non c’è dubbio, infatti, che la versione coreana del Confucianesimo, che mette l’accento su valori come il lavoro, l’istruzione, la frugalità e la famiglia, abbia aiutato. Ma questi valori erano presenti anche quando la Corea era un paese povero e arretrato. Senza sottovalutare l’importanza della cultura, secondo l’autore è necessario integrare questa spiegazione con una disamina delle politiche e delle istituzioni negli ultimi decenni. Non vanno però celate le criticità che circondano il modello scolastico coreano, cui molti attribuiscono la responsabilità per l’elevato debito delle famiglie, l’altissima incidenza dei suicidi tra gli adolescenti e alcune rigidità del sistema produttivo.