Su La Stampa la presentazione di uno studio che conferma come l’investimento in istruzione delle élites – in particolare, degli imprenditori – non sia adeguato alle attese di rinascita del Paese
In tutti i paesi, scuola e università hanno il compito di formare la classe dirigente di domani, selezionando i migliori talenti e fornendo loro le competenze necessarie per eccellere nei diversi campi in cui operano e assolvere le responsabilità a cui saranno chiamati. Più ampia è la base sociale da cui attingere e formare le élites, più chances ha il paese di progredire e svilupparsi.
Istruzione e classe dirigente sono, quindi, un binomio indissolubile ovunque. In Italia, però, meno. La nostra classe dirigente è poco istruita, almeno a giudicare dai titolo di studio raggiunto, e non sembra attribuire particolare valore all’investimento in istruzione dei propri figli: soprattutto gli imprenditori non brillano per lungimiranza.
Lo conferma, con nuovi e preoccupanti elementi di analisi, uno studio promosso dalla Fondazione Agnelli sulle strategie educative delle classi dirigenti italiane, realizzato da Carlo Barone e Giulia Assirelli (Università di Trento) e da poco pubblicato in un rapporto dell’Università Luiss e di Fondirigenti.
I principali risultati dello studio sono stati commentati da Andrea Gavosto in un suo intervento su La Stampa del 30 luglio 2014.
Scarica lo studio di C. Barone e G. Assirelli, insieme all’articolo di A. Gavosto, in questa pagina del sito.
Scarica il testo integrale dell’VIII Rapporto “Generare classe dirigente”