Come sempre a settembre, il rapporto internazionale offre dati e informazioni comparative sui sistemi scolastici di decine di paesi. Andrea Gavosto commenta su La Stampa gli esiti per l’Italia.
Ogni anno l’Ocse fa un grande sforzo di raccolta e validazione dei dati sulla struttura, le finanze e i risultati dei sistemi scolastici e universitari dei suoi paesi membri in Europa e nel mondo (più un’altra manciata di nazioni che all’Ocse non appartengono). E ogni anno a settembre pubblica un corposo rapporto di quasi 500 pagine, che “fotografa” lo stato dell’istruzione in gran parte del pianeta, effettua comparazioni fra i diversi sistemi nazionali e fornisce schede di approfondimento sulla situazione dell’istruzione in ciascun Paese.
Così è stato anche quest’ anno con l’uscita di Education at a Glance 2014 e della relativa Nota sull’Italia, che contengono molte informazioni importanti sulle principali tendenze della scuola e dell’università in Italia. I media stanno dando grande rilievo al Rapporto, talvolta “forzando” un po’ la lettura dei risultati.
Ad esempio, sostenendo che la qualità della scuola italiana e degli apprendimenti degli studenti in questi anni è migliorata sensibilmente, malgrado gli importanti tagli (in effetti, l’Italia è l’unico paese che ha diminuito la spesa pubblica in istruzione ed è all’ultimo posto per percentuale di spesa in istruzione sula spesa pubblica complessiva).
Andrea Gavosto, commentando il Rapporto Ocse su La Stampa del 10 settembre, spiega perché le cose non stanno esattamente così.