Perdite di apprendimento e perdite di capitale umano. Un approfondimento di Andrea Gavosto e Barbara Romano
Dopo un lungo periodo di colpevole rimozione, da alcuni mesi in Italia si è cominciato a chiedersi che cosa e quanto gli studenti abbiano perso in termini di apprendimenti (e, naturalmente, di socialità) durante il lockdown del 2020 e successivamente con le varie fasi di scuola “a singhiozzo” causate dal Covid-19. Come spesso avviene nel nostro Paese, il dibattito è presto diventato manicheo. E tende anche a confondersi con l’altra polemica fra chi demonizza la didattica a distanza (“non è scuola”) e chi ritiene invece che – pur con tutti i suoi limiti – la DaD non solo è stata in alcuni momenti l’unica alternativa a smettere di fare scuola, ma ci abbia anche lasciato alcune lezioni positive per il futuro dell’insegnamento.
Se, tuttavia, la DaD è stata necessaria per continuare a fare scuola, ciò non implica affatto che sia stata sufficiente a evitare perdite apprendimento. E, infatti, si teme che queste siano state in Italia gravi e a danno di tutti gli studenti, sebbene non per ciascuno allo stesso modo. Lo suggeriscono i numerosi studi che misurano la learning loss che si è verificata a causa del Covid in molti Paesi europei e del resto del mondo. I risultati delle ricerche più rigorose (dal Regno Unito, ai Paesi Bassi, agli Stati Uniti) sono allarmanti e devono preoccupare anche noi: non c’è ragione, infatti, per assumere che in Italia le cose siano andate meglio.
Purtroppo, in Italia sappiamo poco delle perdite di apprendimento. La principale ragione è che nel 2020 non sono state effettuate le prove Invalsi. Erano l’unico strumento a disposizione per capire che cosa fosse avvenuto, confrontando i dati dell’a.s. 2019-20 con quelli degli anni precedenti. Rinunciare a uno strumento diagnostico fondamentale è stata una decisione grave del ministero dell’Istruzione. Il nuovo Ministro Bianchi ha deciso fortunatamente che questa primavera le prove Invalsi si faranno: la conoscenza dei loro esiti – che saranno resi noti a luglio – è, infatti, condizione necessaria per misurare finalmente entità e diffusione delle perdite di apprendimento causate dalla pandemia in Italia. A sua volta, questa conoscenza è indispensabile per decidere quali misure di recupero serviranno nei prossimi mesi e anni.
Un altro interrogativo importante è quanto sia costato in termini di perdita di capitale umano il periodo di chiusura delle scuole dal marzo 2020 a oggi. Secondo l’Unesco, l’Italia è uno dei paesi avanzati dove le scuole sono state chiuse nel complesso più a lungo: ben 37 settimane, ossia il 92,5% di un anno scolastico. Se si considera che la stima OECD più recente del tasso medio di rendimento dell’istruzione in Italia è dell’8,1% di reddito futuro per ogni anno aggiuntivo di scolarizzazione, è possibile provare a calcolare il minor rendimento annuo del capitale umano causato dal Covid-19 agli studenti di oggi e i loro mancati guadagni nell’arco dell’intera vita lavorativa. Con risultati decisamente preoccupanti.
A questi due temi è dedicato un approfondimento della Fondazione Agnelli Covid-19 e learning loss: quali misure senza misura? a cura di Andrea Gavosto e Barbara Romano. Alcuni risultati di questo lavoro, ora reso disponibile online, sono stati presentati di recente dai due autori nel corso di un importante webinar scientifico organizzato dall’Invalsi e da Andrea Gavosto nel suo intervento di pochi giorni fa al Festival dell’Economia di Trento.
In fondo alla pagina è scaricabile la presentazione e un articolo sul tema su Sole 24 Ore.