Quale impatto ha avuto in questi 10 anni la riforma universitaria sui processi di ristrutturazione e riposizionamento del sistema produttivo italiano?
Pubblichiamo un nuovo contributo analitico originato dal programma di ricerca che nei prossimi mesi si concretizzerà in un rapporto della Fondazione Giovanni Agnelli sugli esiti della riforma del 3+2 e sul suo impatto sul mercato del lavoro dei laureati.
Il paper di Fabiano Schivardi (Università di Cagliari e EIEF) e di Roberto Torrini (Banca d’Italia) si interroga, in primo luogo, sul vincolo che la ridotta presenza di laureati nella forza lavoro italiana (storicamente di molto inferiore alle altri grandi nazioni europee) ha posto sull’evoluzione del sistema economico nazionale e sulla sua capacità di ristrutturarsi, innovare e riposizionarsi, adattandosi alle nuove condizioni della competizione internazionale. E su come questo vincolo possa essere stato in qualche modo attenuato dalla crescita dell’offerta di laureati, che nel corso del decennio ha seguito l’introduzione della riforma del 3+2. In particolare, gli autori portano nuova evidenza che suggerisce come l’incremento dei laureati occupati non sia dovuto a una trasformazione del sistema verso produzioni che richiedono un capitale umano più qualificato, ma piuttosto da un maggiore numero di neolaureati impiegati nei tradizionali settori produttivi e mansioni aziendali.
Un altro risultato importante del paper è che esiste evidenza di una correlazione positiva fra una più ampia disponibilità di laureati in un dato territorio e le dinamiche di ristrutturazione e riposizionamento delle aziende, come pure della crescita della produttività in quello stesso territorio: a conferma che un capitale umano con più elevati livelli di qualificazione terziaria è una risorsa fondamentale per superare la fase di stagnazione della produttività che da molti anni colpisce l’economia italiana.